Licini. Metafora. Astrale.
Osvaldo Licini è una di quelle persone che incarnano l’etimologia
del paradosso, perché più ne parli, più lo studi, più lo espliciti e meno
ti rendi conto di saperne, eppure la sua vita è stata piena di eventi,
di testimonianze e le sue opere, che lo dividono in due, il primo che va
dal 1908 al 1928, con opere impressionistiche e figurative,
il secondo dal 1930 fini alla morte nel 1958, sostanzialmente
surreali e astratteggianti. Il paradosso non si spiega del tutto, ma
è basato sulla sua psicologia intimistica e refrattaria all’agorà,
per cui, non c’è mai esplicitazione in lui, ma sostanzialmente monologo
tra un suo io poco comunicante e un suo io silente e misterioso.
Una pubblicazione abbondantemente post morte, di suoi scritti ha come
sottotitolo, errante, erotico, eretico, tre modi che lo caratterizzano per la
sua inquietudine interiore, appena sfiorata, dai suoi tira e molla, tra
la sua natia terra marchigiana e le trasferte, parigine e milanesi in cui
andava a vedere, ad incontrare, ma non ad apprendere, anzi era lui a farsi
portatore, aedo. La sua intuizione maggiore è l’Angelo immaginario,
a cui si aggiunge il Bruto letterario, anche se in realtà lo precede nella sua
cronologia esistenziale. Tra questi scritti e queste immagini, si tratteggia un
unicum, un Proust sui generis, che è del tempo, ma fuori dal tempo e lo
propone in una grande attualità. Bruto, indaga l’incompletezza del suo maschile
femminile, fondamentale per definire l’animus e l’anima dell’arte; incompleta
è una femmina superficiale, frivola, che cura solo il suo aspetto fisico senza
animus, così come lo è un maschio brutale che ha rinunciato i sentimenti, senza
anima. Contemporaneo è il manifesto di Valentine de Saint-Point, in cui si legge
“l’assurdo dividere l’umanità in donne e uomini”. Le due prevalenze si devono
fondere e fare del due uno, in una nuova umanità. Che ne dite? Sembra una
querelle dei nostri giorni, sul destino di una nuova umanità uroborica, di cui
è stato scritto: interfecit se ipsum maritat se ipsum, impregnat se ipsum” . Segue
l’Angelo, l’interferenza assoluta tra alta luce, luce, ombra, grande buio; una
ricordanza archetipica, junghiana, di un alto e di un basso, nell’infinito dei
desideri, dal trovarsi limitato nella sua natura all’anelito di congiungersi
col divino, attraverso un’estasi, che avviene quando l’essere umano riesce
a risvegliare la scintilla divina che porta dentro di sé. Nel suo noi, a convivio, stanno
Leopardi, Modigliani, Morandi, Kandinsky, Klee, per dirne alcuni. Amalasunta:
le amalasunte sono il suo tessuto connettivo astrale, in monologhi separati con
l’Angelo: gli angeli; ed è così che il suo cuore può tornare a ritmo, dopo i tanti
aritmi, di peregrinazioni e perdimenti. Licini è, un uomo, un sentimento, un’idea.