CLIMAX 21 di Francesco Gallo Mazzeo

Natalia Goncharova. Selva. Sublime.

 

L’esplosione futurista, nel suo tempo, coglie nel segno, perché è sincronica

ad una mutazione delle coscienze individuali e delle scelte collettive di una

società innamorata, che scommette sull’energia, sulla dinamica, sulla alta

velocità, sulla trasformazione della percezione spazio temporale, da semplice

scansione, di minuti, ore, mesi, anni, in complicità di una inesorabile anularità,

in cui tutto finisce là dove e cominciato, compreso il farsi irretire dalla parola

rivoluzione, che tutti pronunciano, teorizzano, praticano, senza comprendere

che essa non è sinonimo di cambiamento, ma di falso movimento, per tornare,

dopo lutti e rovine, allo statu quo ante. Ma, a parte l’ubriacatura per la parola

rivoluzione di Cromwell, di Bastiglia, d’Ottobre, le avanguardie nell’arte, stavano

dalla parte degli inesorabili cambiamenti; futuristi, cubisti, dadaisti, surrealisti,

che noi continuiamo ad enumerare in maniera separata, ma che x la sincronicità,

della loro azione prettamente moderna (perché noi siamo moderni e basta…)

hanno influenzato lo spirito, in maniera complessiva, spiraloide, facendo mix

di argomenti, con sfumature diverse, ideologie (in apparenza) conflittuali, in

un linguaggio denso di sconvolgimenti e contaminazioni. Ognuno ha preso

dall’altro e ha dato inconsapevolmente, magari senza dirlo, senza dare mai

dare soddisfazione, anche nel pieno di polemiche di avversioni, perché non

si può separare l’inseparabile di questi “ordini monastici”, orgogliosi della propria

divisa, ma legati, sia nella scompaginazione del passato conformista, sia nella

ipotesi di un avvenire delirante e poetico: minate da un virus conformistico.

Perché le avanguardie, non si possono, non si debbono accademizzare,

aristotelizzare, come invece è accaduto, invalidando cosi tante delle loro

premesse e favorendo ritorni all’ordine, per altro anch’essi impossibili. Un

esempio di questa contaminazione originalizzante e sprizzante è il raggismo

della russa Natalia Sergeevna Goncarova (1881-1962) in origine futurista,

poi, rilucente della sua anima, decorativa, sistematizzante, ricapitolante, ma

con un punto di fuga di innegabile individualità, che emerge dalle sue opere

come una ricchezza svelata, che è il segno di una multiformità e dei tanti spiriti

che la attraversano; si tratta dei primi decenni del novecento, pregno di una

libertà interiore, che fascismi e comunismi volevano tacitare, ma non ci sono

riusciti, perché lo spirito della libertà, nato nei millenni delle polis greche e della

repubblica romana e poi ridestato da Cusano, Pico e Ficino, si è dato uno

statuto di eternità, prefigurato nei due Ulisse, quello omerico e quello dantesco.

Il futurismo/raggismo, nelle mani della Goncarova, diventa un “esperanto”, un

tessuto interpretativo della pars contruens, della fragile potenza, della mutevolezza

dei secondi tempi di ogni profetismo, in una capacità di cogliere la ricchezza

dell’irregolarità, che è forza e forma di trasformazione. Il suo raggismo, è una

dinamica costruttiva, che supera l’astralità dell’astrazione e diventa nuova

funzione cromatica, che coglie un diverso e inedito senso della luce (come

El Greco) in linee riflesse che attraversano composizione e scomposizione,

trasformando tutto e diventando un invisibile e impalpabile fonte d’energia.