Natalia Goncharova. Selva. Sublime.
L’esplosione futurista, nel suo tempo, coglie nel segno, perché è sincronica
ad una mutazione delle coscienze individuali e delle scelte collettive di una
società innamorata, che scommette sull’energia, sulla dinamica, sulla alta
velocità, sulla trasformazione della percezione spazio temporale, da semplice
scansione, di minuti, ore, mesi, anni, in complicità di una inesorabile anularità,
in cui tutto finisce là dove e cominciato, compreso il farsi irretire dalla parola
rivoluzione, che tutti pronunciano, teorizzano, praticano, senza comprendere
che essa non è sinonimo di cambiamento, ma di falso movimento, per tornare,
dopo lutti e rovine, allo statu quo ante. Ma, a parte l’ubriacatura per la parola
rivoluzione di Cromwell, di Bastiglia, d’Ottobre, le avanguardie nell’arte, stavano
dalla parte degli inesorabili cambiamenti; futuristi, cubisti, dadaisti, surrealisti,
che noi continuiamo ad enumerare in maniera separata, ma che x la sincronicità,
della loro azione prettamente moderna (perché noi siamo moderni e basta…)
hanno influenzato lo spirito, in maniera complessiva, spiraloide, facendo mix
di argomenti, con sfumature diverse, ideologie (in apparenza) conflittuali, in
un linguaggio denso di sconvolgimenti e contaminazioni. Ognuno ha preso
dall’altro e ha dato inconsapevolmente, magari senza dirlo, senza dare mai
dare soddisfazione, anche nel pieno di polemiche di avversioni, perché non
si può separare l’inseparabile di questi “ordini monastici”, orgogliosi della propria
divisa, ma legati, sia nella scompaginazione del passato conformista, sia nella
ipotesi di un avvenire delirante e poetico: minate da un virus conformistico.
Perché le avanguardie, non si possono, non si debbono accademizzare,
aristotelizzare, come invece è accaduto, invalidando cosi tante delle loro
premesse e favorendo ritorni all’ordine, per altro anch’essi impossibili. Un
esempio di questa contaminazione originalizzante e sprizzante è il raggismo
della russa Natalia Sergeevna Goncarova (1881-1962) in origine futurista,
poi, rilucente della sua anima, decorativa, sistematizzante, ricapitolante, ma
con un punto di fuga di innegabile individualità, che emerge dalle sue opere
come una ricchezza svelata, che è il segno di una multiformità e dei tanti spiriti
che la attraversano; si tratta dei primi decenni del novecento, pregno di una
libertà interiore, che fascismi e comunismi volevano tacitare, ma non ci sono
riusciti, perché lo spirito della libertà, nato nei millenni delle polis greche e della
repubblica romana e poi ridestato da Cusano, Pico e Ficino, si è dato uno
statuto di eternità, prefigurato nei due Ulisse, quello omerico e quello dantesco.
Il futurismo/raggismo, nelle mani della Goncarova, diventa un “esperanto”, un
tessuto interpretativo della pars contruens, della fragile potenza, della mutevolezza
dei secondi tempi di ogni profetismo, in una capacità di cogliere la ricchezza
dell’irregolarità, che è forza e forma di trasformazione. Il suo raggismo, è una
dinamica costruttiva, che supera l’astralità dell’astrazione e diventa nuova
funzione cromatica, che coglie un diverso e inedito senso della luce (come
El Greco) in linee riflesse che attraversano composizione e scomposizione,
trasformando tutto e diventando un invisibile e impalpabile fonte d’energia.