Ida Barbarigo. Dogaressa. Artista.
Ida Barbarigo Cadorin Music (1925-2018). Così si presentava, quando la compagnia non le piaceva e alzava su il naso, guardando tutti dall’alto in basso; ma per il resto era persona di una rara dolcezza, con voce musicale, educazione raffinata, una sensibilità artistica rarissima, attenta alle sfumature ad ogni dettaglio, nel suo essere e nel suo apparire, immateriale e materiale. L’ho frequentata per anni, nella sua Domus, sul Canal Grande di Venezia, dove peraltro, in piani diversi abitava il marito Zoran e l’allora presidente francese François Mitterand (nei giorni di vacanza) e nella sua residenza parigina di Avenue Foch, sempre in compagnia, ma appartamenti separati, del gigantesco Anton Zoran Music, il pittore dei cavallini dalmati e delle crete senesi, figura fondamentale del secondo novecento artistico europeo. Con loro, sempre, François Mitterand, capo del rifondato partito socialista francese e poi presidente della repubblica, l’immancabile Gerard Regnier (noto come Jean Clair) la grande collezionista e filantropa Patti Cadby Birch, di Parigi, New York e St. Thomas e ancora Bruno Pulga, allievo di Morandi e Guidi e l’intraprendente esperta e mercante internazionale, Loredana Balboni e per ultimo, ma non ultimo, Flavio Briatore, conosciuto da me a St. Thomas, nel comune soggiorno in casa Birch. Una pendolarità Venezia Parigi, così al presente che dava ai due, una apparenza di ubiquità e alto prestigio. Comunque, a Venezia, di loro si parlava sempre, di un grande ricordo, il ballo della granseola, in casa De Pisis; un grande clamore di nudità, solo due gusci di granseola per ciascuno, uno scandalo nell’Italia di fine guerra. Dipingeva sempre, disegnava, disquisiva d’arte, di design, d’arredo aulico, di teatro, di cinema (tanto che spesso era membro della giuria del Festival di Venezia); ma sempre con la leggerezza di una piuma, quando necessario, anche con il taglio tremendo di un rasoio, nel dare a ciascuno il suo. Un giorno a passeggio, in San Marco, in compagnia di Erich Estorik (di cui c’è adesso un museo e una fondazione a Londra, dove risplendono le sue opere, accanto a tanti maestri italiani, che lui amava e collezionava) che in quel tempo si era molto ingrassato, incontrammo Giulio Turcato con sua moglie, Vana Caruso e a forza di reciproche pacche sulle spalle e abbracci, fu un miracolo, se non caddero nelle limacciose acque della laguna (e si disse che entrambi non sapevano nuotare). Questo il supremo cotè, della corte di Ida Barbarigo (che intercalava con un tasi tasi e nobile sì, ma barnabotto, per dire di stare zitto, per cortesia o per dare del decaduto). Era il suo modo di vivere da artista totale, come Eleonora Duse o Isadora Duncan. Le sue opere risentono della lezione di Velasquez, di Bacon, della vicinanza di Music e certamente esprimono la più vicina propaggine di quella speciale lingua veneta, nell’arte moderna, per quell’assottigliarsi metafisico di ogni spessore, dalle lontane origini del Guardi, del Tiepolo, a quei ribelli di Cà Pesaro, che le derivavano da suo padre, Guido Cadorin, che ne era stato protagonista, con Springolo, Moggioli, Wolf Ferrari, Rossi, Garbari e altri. Un filtro sottile che ha fatto passare forme e colori di tutti questi suggestionanti, nelle forme non forme, nei colori non colori, della fantasmatica e fascinante pittura di Ida Barbarigo. Ciao Ida.!!!