K. CLIMAX 6 di Francesco Gallo Mazzeo

Sant’Elia. Gratta. Cielo

 

Antonio Sant’Elia aveva negli occhi le immagini e le storie

visive della Bologna, dalle torri proliferanti in ogni piazza

e in ogni strada (di cui restano Garisenda e Asinelli) la San Gimignano

ancora turrita e la fascinosa narrazione rinascimentale, che

ha archetipo la Torre di Pisa e si svolge come un grande libro della

provvidenza divina, nelle città ideali, parzialmente ricostruite, come

Sabbioneta, Pienza, Mesola, oppure quella Sforzinda, rimasta

nei pensieri e nei disegni del Filarete. Un bel congegno poetico,

ingegneristico, che ha la sua consacrazione poetica e immaginaria

nella Città Ideale di Anonimo (1470 – 1490 c.) conservata nella

Galleria Nazionale di Urbino. All’inizio, nel suo pantheon, c’è

anche Otto Wagner e genealogie di Bernini e Borromini; ma

poi tutto cambia, si lascia alle spalle anche sé stesso, quello della

Villa Elisi a San Maurizio di Como e passa alla Città Nuova,

che è tutta area sotterranea, trasversale, i cui edifici alti come

le antiche torri, sono provvisti di ascensori over look, come

terrazze da cui guardare il panorama, prima di raggiungere il piano

desiderato. Tutto questo, con tecnologie adeguate, dell’acciaio, del

vetro doppio, della velocità, con una inventività che non lascia più

spazio a nessun tradizionalismo (quando bisogna rompere, bisogna

essere inesorabili…) e pensa anche di abolire le scale, ma poi ci ripensa,

lasciandole come improbabili, ma necessarie vie d’uscita e sicurezza.

A guardare i suoi disegni si resta strabiliati dalla sua visionarietà verticale e

tale rimase Le Corbusier e archistar a frotte. Di questo futurista

marinettiano ha fatto incetta la grande filmografia avveniristica

del passato, absit iniura verbis, da Metropolis a Blade Runner,

da Quinto Elemento a Brazil a Immortal. Quanta strada abbiamo

fatto, quanta strada ci ha permesso di fare, pur senza avere potuto

realizzare; infatti muore nel 1916 all’età di ventotto anni, lasciandoci

La casa nuova, Spazi Urbani, la stazione di aeroplani e treni, la

centrale elettrica, gli schizzi di architettura. Poco. Tanto. Troppo. Ma

abbastanza per inserirlo nella storia del genio italiano e universale.